Un baiser s'il vous plait!
Brillante commedia sentimentale, diretta e interpretata da Emmanuel Mouret sulla scia dei maestri del cinema francese “di relazione” Rhomer e Truffaut, Un baseir s’il vous plait racconta uno spaccato di vita amorosa dei protagonisti del film con un intreccio incalzante dai contenuti apparentemente frivoli e intrisi di una comicità a tratti grottesca. Come si gestiscono le relazioni di coppia? Come ci si comporta quando in presenza di un legame stabile arriva una persona per cui si prova attrazione che pare far sgretolare tutte le certezze acquisite in anni di relazione? Sembrano queste le domande implicite che il regista fa a se stesso e agli spettatori e a cui non dà, forse volutamente una risposta definitiva.
L’incontro casuale tra Emilie (parigina, giunta a Nantes per motivi di lavoro) e Gabriel è l’incipit del film. I due passano svariate ore insieme, ridono, scherzano, si piacciono e sembra l’inizio di un’avventura; ma qualcosa frena la ragazza che, pur essendone palesemente attratta, non vuole andare oltre la piacevole conoscenza e soprattutto non vuole dare un bacio a Gabriel. Per spiegarne il motivo, Emilie gli racconta la storia di Nicolas e Judith due suoi amici di Parigi. Judith, donna affascinante, grande amica e confidente di Nicolas è sposata con Claudio, marito di cui è innamorata. La richiesta di Nicolas all’amica di ricevere un bacio per risolvere i suoi problemi sessuali scatena del tutto inaspettatamente una passione incontenibile tra i due, che porta a conseguenze inattese. Tra incontri clandestini, intrighi e inganni il film ha il merito di tenere sulla corda lo spettatore con una tensione spesso smorzata da sketch goliardici al limite del farsesco.
L’epilogo del film non brilla per originalità, non c’è il colpo di teatro insomma, però ha il merito di catturare il pubblico fino all’ultimo secondo della pellicola quando il finale aperto lascia quell’amaro in bocca tipico delle commedie che portano con sé interrogativi insoluti.
Quello che colpisce maggiormente di questa commedia è l’atmosfera che si respira durante tutto il film: è come se i protagonisti, borghesi benestanti che abitano in una nicchia meravigliosa di Parigi come il Marais, abbiano come unico obiettivo la ricerca del piacere e dell’amore. Nessuno ha problemi lavorativi, economici o familiari e il clima ricorda quello della Francia bohemien in cui il tempo trascorre tra feste, bicchieri di vino e clima sfumato simile a quello del sogno.
In questo contesto si calano molto bene i protagonisti del film che aggiungono brio e leggerezza con la loro disincantata ricerca del vero amore. Judith, questo amore sembra averlo trovato in Claudio, suo marito. In realtà in lui ha trovato una figura rassicurante, una base sicura a cui attaccarsi e appoggiarsi. Più che un marito, Claudio per Judith sembra un padre. La dimensione della sessualità tra i due partner è assente e il regista è molto bravo a far notare come il legame tra i due coniugi manchi di desiderio e complicità (emblematiche sono le scene in cui lui legge il libro di Schubert mentre la moglie entra nel letto). Claudio è un personaggio che pare quasi di contorno, una presenza solo fisica e non emotiva. La sua vita è descritta come piatta, monotona e prevedibile senza un evento che possa mai scuotere la sua imperturbabilità. Siamo di fronte ad una struttura narcisistica di personalità impegnata a condurre una vita priva di sussulti emotivi e slanci passionali. Schubert è l’unica cosa che pare interessarlo realmente, mentre sua moglie è come se fosse un oggetto sé, un prolungamento della sua personalità. Claudio non vive il minimo conflitto e non si accorge perciò, di quanto la moglie si sia allontanata affettivamente da lui. Serve un evento inaspettato per scuoterlo, un episodio che lo costringe a ridefinire la sua vita, ad affrontare una vera crisi, come la scoperta del tradimento di Judith.
Durante il film è evidente lo sdoppiamento di Judith: una parte di lei è legata alle caratteristiche rassicuranti e protettive del marito mentre l’altra si lascia andare all’attrazione sessuale che sente per Nicolas, come se non riesca ad indirizzare attaccamento e sessualità verso una sola persona. L’intimità della relazione tra Judith e Nicolas permette ad entrambi di sperimentare un rapporto che fino a quel momento non avevano avuto con nessuno. Le prime scene del film in cui si evidenzia il rapporto di estrema confidenza tra Nicolas e Judith permettono allo spettatore di intuire quanto bastasse un semplice pretesto (i problemi di Nicholas) per far “scoccare la scintilla”. Le immagini del primo approccio ricordano quelle di due adolescenti al primo incontro amoroso: la timidezza, l’impaccio sul chi deve fare la prima mossa e l’intensità del primo bacio. Le razionalizzazioni usate in maniera difensiva per giustificare il coinvolgimento e la perdita del controllo della situazione sono intrise di un’ilarità che cattura e diverte lo spettatore. Nicolas che ci viene presentato come estremamente controllato e, al limite tra nevrosi e un’identità non perfettamente definita, scopre come una relazione profonda con una persona che conosce e stima da tempo possa essere caratterizzata da una passione travolgente. Nicolas non ha un legame stabile che può essere compromesso da questa liaison ma in tutto il film è accompagnato dai dubbi su cosa sia effettivamente l’amore, segno della sua difficoltà a fare chiarezza nei propri sentimenti.
La narrazione delle vicende da parte di Emilie è probabilmente la carta vincente del film: si tratta infatti di un narratore esterno che racconta una storia di cui essa stessa fa parte come si vedrà poi alla fine. Emilie è un personaggio complesso, di non facile lettura rispetto ai precedenti proprio per le caratteristiche di personalità che le vengono attribuite. Sembra una donna forte che sa giocare con la propria sessualità, che ha appreso dall’esperienza e a cui piace comandare e mantenere il controllo sulla relazione. I sorrisi ammiccanti, gli sguardi languidi indirizzati verso Gabriel uniti al rifiuto di andare a letto con lui fanno pensare da una parte a una donna che si accontenta del piacere narcisistico di dettare le regole del gioco e di controllare l’altro, dall’altra ad una donna che masochisticamente si mette in una situazione in cui prova il sottile piacere di non poter andare fino in fondo, dato che è impegnata in un’altra relazione. Queste due anime non sono inconciliabili se proviamo ad immaginare in Emilie una parte sadica utilizzata per sedurre e poi abbandonare Gabriel (esemplare la scena in cui si mette sul letto, mostrando palesemente le gambe all’uomo, ma ordinandogli di non guardarle mentre le copre con il cuscino esibendo un finto imbarazzo) e una parte masochistica che la fa entrare in una situazione che sa, dall’inizio, che non potrà appagare pienamente il suo desiderio. Gabriel dal canto suo è attratto da Emilie e dalla sua modalità di condurre il gioco, e pur essendo impegnato in una relazione stabile, non avrebbe nessun problema a lasciarsi coinvolgere in un’avventura di una sola notte con lei.
Mouret forse ci vuole dire che non c’è un modo preconfezionato con cui si possono gestire le relazioni amorose e che anche un bacio se porta con sé la ricerca di una passione ormai sopita può sconvolgere la vita di più persone. Il regista non vuole fornire un giudizio morale o consigliare tra le righe il modo di comportarsi, sembra piuttosto che il suo intento sia quello di evidenziare come nei rapporti di coppia quelli che sembrano dettagli o particolari insignificanti, in realtà rappresentino le dinamiche inconsce che intervengono nella relazione e che se non interpretate nella maniera corretta possono contribuire a modificare le storie di due persone in maniera del tutto inaspettata e spesso dolorosa.
Dr. Gianluigi Basile